Tolkien e il razzismo: “Un NO scritto più volte”

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La questione relativa al tema di Tolkien e il razzismo è da tempo oggetto di numerosi dibattiti che vanno alimentandosi tra studiosi e fan del Professore. In questo articolo cercheremo di andare a fondo alla questione, prendendo in esame le uniche prove incontestabili del pensiero dell’autore, ovvero i suoi scritti.

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Tolkien e il razzismo, Il confronto con gli editori

Durante la sua vita, Tolkien, su cui è stata organizzata la recente mostra a Torino, ha dato grande prova di sensibilità verso certi temi, rifiutando più e più volte le teorie razziste: oltre all’ormai famoso discorso di commiato all’Università di Oxford, nel quale arriva a dire “odio l’apartheid fin nelle mie ossa”, è notissimo l’episodio della famosa lettera di risposta alla casa editrice tedesca Rutten and Leoning, la quale gli aveva chiesto, prima di approntare una traduzione tedesca de Lo Hobbit (di cui abbiamo parlato in merito alla nuova traduzione) se egli fosse di origine ariana. La risposta di Tolkien, oggi, è diventata celebre, ma è da sottolineare il modo in cui smonta le teorie naziste sulla “razza ariana” con una frase lapidaria eppure elegantissima, in una bozza di risposta alla casa editrice tedesca il 25 luglio 1938 : “Temo di non aver capito chiaramente cosa intendete per arisch. Io non sono di origine ariana, cioè indo-iraniana; per quanto ne so, nessuno dei miei antenati parlava indostano, persiano, gitano o altri dialetti derivati. Ma se volevate scoprire se sono di origine ebrea, posso solo rispondere che purtroppo non sembra che tra i miei antenati ci siano membri di quel popolo così dotato”.

Continuando ad approfondire il tema di Tolkien e il razzismo, è doveroso citare la risposta che l’autore diede lo stesso giorno al suo editore, Stanley Unwin, sulla medesima questione:

Devo sottostare a questa impertinenza perché ho un cognome tedesco, o le loro lunatiche leggi richiedono un certificato di origine ‘arish’ da tutte le persone di tutti i paesi? Personalmente sarei incline a rifiutarmi (…) e lasciare che la traduzione tedesca vada al diavolo. In ogni caso sarei fortemente contrario a far apparire in stampa una dichiarazione del genere. Non considero la (probabile) assenza di sangue ebreo come necessariamente onorevole; inoltre ho molti amici ebrei, e mi rincrescerebbe avvalorare l’idea di avere aderito alla teoria perniciosa e antiscientifica della razza”.

Se non bastasse tutto questo, c’è anche quell’interessante passo presente nella lettera 294, nella quale il Professore si “scaglia” abbastanza infastidito sull’opinione che la Terra di Mezzo sia esclusivamente “nordica”: “”Non nordica, per favore! E’ una parola che personalmente non sopporto: è associata, anche se ha origini francesi, alle teorie razziste. Geograficamente, settentrionale va di solito meglio. Tuttavia, un’analisi dimostrerà che anche questa è inapplicabile, geograficamente e spiritualmente, alla Terra di Mezzo”.

Il rispetto per le diverse etnie nella Terra di Mezzo

Insomma, il connubio Tolkien e il razzismo è ben esplicitato con notevole chiarezza attraverso il suo rifiuto che traspare nei suoi scritti, ma è nella stessa Terra di Mezzo che si può notare la negazione per le concezioni che creano odio e barriere tra i popoli, dimostrando in questo modo la grande inclusività del mondo di Arda.

Partiamo da una considerazione interessante presente in un volume postumo di saggi e storie di Tolkien uscito nel 2021 a cura di Carlo Hostetter, The Nature of Midlle Earth, che trovate inserito nel nostro archivio dei libri sulla Terra di Mezzo in lingua inglese.

Qui Tolkien scrive: “I Numenoreani non avevano una distribuzione razziale uniforme. La loro divisione principale era tra i discendenti della Casa di Hador e della Casa di Beor”. Naturalmente poi le due Case presentano tratti, diciamo così, “europei”: perché una persona formatasi nei primi anni del Novecento, volente o nolente, soggiaceva a dei cliché narrativi che non potevano spaziare oltre un certo recinto: a nessun europeo in quegli anni sarebbe venuto in mente una società globale nella finzione narrativa.

Ma non è questo che conta: quello che è fondamentale è il principio. Con tutti i legacci sociali dell’epoca, un uomo come Tolkien riusciva comunque a scrivere che la società di Nùmenor non era “pura”, ma diversificata.

E questo mostra il perché la Terra di Mezzo sia viva e pulsante oggi, e sia davvero PER TUTTI: perché al suo interno ci sono principi di inclusione, apertura, accoglienza, che permettono, per esempio, a qualunque attore di ogni parte del mondo di interpretare in eventuali trasposizioni- come nella serie TV Gli Anelli del Potere– in maniera assolutamente naturale, non forzata e convincente un personaggio concepito in un’epoca nella quale il mondo andava in tutt’altra direzione.

Tolkien e l’inclusione ne Il Signore degli Anelli

Ma anche ne Il Signore degli Anelli ci sono forti indizi sul tema relativo a Tolkien e il razzismo.

L’esempio che viene in mente a chiunque abbia letto Il Signore degli Anelli riguarda la grande amicizia tra l’Elfo Legolas e il Nano Gimli, che da una diffidenza iniziale, dovuta a lotte terribili del passato tra Elfi e Nani, diventano grandi amici, così com’era successo un’Era prima tra il Nano Narvi e l’Elfo Celebrimbor; ma c’è un altro episodio, ne Il Signore degli Anelli, che non solo mostra la condanna, da parte di Tolkien, di ogni politica d’odio e sopraffazione, ma anche l’importanza e il protagonismo delle genti considerate da molti “selvagge” ed inferiori: stiamo parlando del decisivo aiuto che gli Uomini Selvaggi dell’Anòrien (I Drúedain) portano ai Rohirrim in viaggio verso Minas Tirith.

Senza il loro aiuto, e soprattutto quello del loro capo, Ghân-buri-Ghân, Rohan sarebbe arrivata troppo tardi e non ci sarebbe stata nessuna battaglia dei Campi del Pelennor.

Inoltre, questi Uomini Selvaggi sono ritratti in maniera davvero particolare: a chi scrive sono sempre sembrati un incrocio letterario tra gli Uomini di Neandhertal, gli Aborigeni Austrialiani e i Nativi Americani, soprattutto nel loro modo di esprimersi. Tolkien non li descrive mai con atteggiamento di superiorità, anzi: c’è in lui grande rispetto ed attenzione nel tratteggiare il vecchio Ghân: e il Professore si dimostra consapevole delle sofferenze che popoli simili possono subire o aver subito nella loro storia.

Infatti, quando Thèoden promette a Ghân una grande ricompensa per il loro aiuto, il vecchio Uomo Selvaggio risponde con parole molto fiere, impossibili da dimenticare per il lettore: “Ma se vivete dopo l’Oscurità, allora lasciate tranquilli Uomini Selvaggi in boschi e non cacciateli più come bestie“.

Credo non ci sia risposta migliore per definire quanto il dibattito su Tolkien e il razzismo sia da considerare “superabile”, ad oggi, considerando l’attenzione dell’autore per l’inclusione sociale e il rispetto per le varie etnie.

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Pierluigi Cuccitto
Pierluigi Cuccittohttps://www.instagram.com/piermulder/
Nato a Urbino il 17/09/1981, laureato in ricerca storica e scrittore fantasy, è divulgatore Tolkieniano e speaker di Radio Brea, nonché socio attivo dell'Associazione culturale Sentieri Tolkieniani.

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