Lo Hobbit: Il curioso caso della traduzione dei “Piloti”

Articoli correlati

I libri non finiscono mai di sorprenderci per ciò che raccontano, in primo luogo, ma anche per il messaggio che veicolano, in grado di portare un’opera al successo globale. Ciò che sorprende, però, è cosa possono rappresentano per il lettore e la storia che celano dietro alla loro realizzazione.

Siamo in grado di ricollegare un libro ad un determinato momento della nostra vita, dove magari ha rappresentato un fedele compagno in vacanza sotto l’ombrellone, o quando ci siamo trovati a studiarne e memorizzarne dei passaggi durante i nostri anni da studenti. Tuttavia, un libro può anche trasformarsi in qualcosa di diverso nelle situazioni più inaspettate, come successe ai protagonisti di questo articolo, ovvero Rami Harpaz, Avinoam Kaldes, Menachem Eini e Yitzchak Fir.

Ti suggeriamo di leggere un’altra traduzione storica, detta “In Pelle Marrone”, relativa a Il Signore degli Anelli di Tolkien.

Lo Hobbit "Dei Piloti" 2

Nel 1970, in Medio Oriente infuriava quella che è passata alla storia come “Guerra d’attrito”, combattutasi tra Israele ed Egitto nel tentativo, di quest’ultimo, di riappropriarsi della penisola del Sinai e del Golfo di Suez, entrambi persi durante la precedente “Guerra dei sei giorni”.

Nel pieno di questo conflitto, l’aereo pilotato da Rami Harpaz fu colpito dalla contraerea egiziana e si trovò costretto ad usare il sedile eiettabile per salvarsi ma, per sua sfortuna, atterrò sul territorio egiziano e fu fatto prigioniero insieme ad altri 9 soldati israeliani. Non ci è dato conoscere le condizioni in cui versavano i detenuti e le costrizioni imposte dall’esercito egiziano, ma certamente gli fu almeno concesso di comunicare con l’esterno utilizzando i mezzi dell’epoca. Tra le varie richieste che furono avanzate dai prigionieri ci fu, dunque, quella di ricevere qualcosa da leggere per passare il tempo e Yitzchak Fir inviò una lettera a suo fratello, residente negli Stati Uniti, informandolo della situazione e chiedendogli l’invio di qualche libro. Quando li ricevette, vide che tra i vari volumi era presente anche una copia in brossura di “The Hobbit” in lingua inglese.

La lettura del libro aiutò i prigionieri a svagarsi durante la prigionia, tuttavia, solamente quattro di loro erano in grado di leggere e comprendere la lingua inglese, pertanto, capitanati da Rami Harpaz, decisero di cimentarsi in un’opera di traduzione dall’inglese all’ebraico, così che tutti i loro commilitoni potessero godere del capolavoro del professore. In prima battuta, si limitarono a tradurre solo dei passaggi del libro, ma presto si resero conto che questo lavoro li stava aiutando a distrarsi, alleviando il dolore della loro permanenza in prigione e fu così che decisero di tradurre il libro per intero.

Il lavoro fu minuzioso, organizzato e diviso in due fasi, il primo fu di mera traduzione dall’inglese all’ebraico e la seconda fase, invece, fu di revisione, così da perfezionarne il contenuto e renderlo il più possibile fedele alla versione originale, coinvolgendo anche tutti gli altri compagni di prigionia. Ci vollero quattro mesi di duro lavoro per completare la traduzione ed al termine i compagni si ritrovarono con un misto di soddisfazione per il lavoro svolto e di tristezza, perché nessuno avrebbe mai probabilmente conosciuto la loro storia. Ma la vita, come spesso accade, riserva delle sorprese e fu al termine della Guerra del Kippur, nel 1977, che finalmente gli uomini vennero liberati, portando con loro una copia ben conservata della traduzione, oltre a 7 blocchi di carta pieni di appunti.

Una volta terminata la prigionia e ritornati in patria, i piloti decisero di rivolgersi all’editore “Zmora Bitan Modan”, raccontando la loro storia e consegnando la traduzione che, di fatti, venne pubblicata poco tempo dopo, grazie anche ai fondi messi a disposizione dalla IAF (Israeli Air Force), aggiungendosi a quelle di Moshe Hanami e Yael Achmon. Per ovvie ragioni, Lo Hobbit “Dei Piloti” rimane la più scadente delle tre in termini di qualità, ma di sicuro questa traduzione de Lo Hobbit “Dei Piloti” è l’unica che rimarrà per sempre nella memoria degli appassionati di storia, in un quadro più ampio e nel cuore degli amanti delle opere del Professore.

Rami Harpaz, dopo la liberazione, si ricongiunse a sua moglie Nurit, con cui ebbe 5 figli e riprese a servire il suo paese nell’aviazione in qualità di comandante fino al 1980 e morì nel 2019 all’età di 79 anni, lasciando la sua appassionante storia e la sua preziosa eredità “letteraria” a tutti noi.

Nella foto, di seguito, sono ritratti i protagonisti della traduzione de Lo Hobbit “Dei Piloti”, scattata durante le festività della Pasqua Ebraica.

pasqua ebraica lo hobbit "dei piloti"

Rami Harpaz, Avinoam Kaldes, Menachem Eini e Yitzchak Fir
Marco Maniezzi
Marco Maniezzihttps://www.tolkienbooks.it/
Tolkieniano dal 1998, da quando ho letto per la prima volta Il Signore degli Anelli, ho approfondito dettagliatamente l'universo del Professore attraverso lo studio di numerosi testi. Da molti anni colleziono libri rari di Tolkien in diverse edizioni e traduzioni. Cofondatore dell'Associazione Collezionisti Tolkieniani Italiani e creatore del Premio Lavoro Tolkieniano 2014-2017.

Altri articoli su questo argomento

Sponsorizzatospot_img

Articoli popolari

error: Il contenuto è protetto!