Il libro de Il Signore degli Anelli, pubblicato per la prima volta nel 1954, ha rappresentato l’opera di maggior successo del Professor Tolkien e, dunque, il lavoro che ho lo ha consacrato definitivamente nell’olimpo degli scrittori del genere fantasy, dopo la precedente pubblicazione, Lo Hobbit, di cui abbiamo analizzato le differenze tra il Libro e i film.
In questo articolo, andremo a sviscerare le principali differenze tra il libro de Il Signore degli Anelli e i film di Peter Jackson (di cui trovate la lista nel nostro archivio), che hanno vinto ben 17 Premi Oscar e che rappresentano, di fatto, l’opera cinematografica più premiata di sempre. Nel cast della trilogia prodotta da Warner Bros e New Line Cinema, troviamo attori del calibro di Ian McKellen, Elijah Wood, Viggo Mortensen e Orlando Bloom, solo per citarne alcuni. Il tutto è stato magistralmente messo in scena grazie all’ausilio di colossi artistici come Weta Digital e Weta Workshop, una cornice unica a livello di atmosfere in cui si inseriscono le splendide colonne sonore di Howard Shore. Premettendo che è, indubbiamente, impossibile trasporre interamente un testo attraverso un altro mezzo mediatico come il “Grande Schermo”, che ha regole proprie e dove tutto deve essere fruito in maniera differente, di seguito evidenziamo le 10 differenze più importanti fra il libro de Il Signore degli Anelli e i film.

La linea temporale de Il Signore degli Anelli
Nel libro, gli eventi della Guerra dell’Anello, che iniziano dalla partenza di Frodo dalla Contea, si svolgono in un periodo di circa 17 anni dopo il compleanno di Bilbo. Frodo ha 50 anni quando parte da Gran Burrone. Nel film, tale differenza temporale è notevolmente ridotta, poiché si ha la sensazione che tutto accada in pochi mesi o settimane, il ché sviluppa un ritmo più incalzante alla narrazione e i protagonisti, come Frodo, appaiono molto più giovani. Inoltre, nel libro le tappe e i dettagli sui viaggi e le avventure dei personaggi sono numerosi, ma nel film sono stati semplificati o , il più delle volte, omessi per esigenze temporali e coerenza narrativa. Un altro esempio è dato dal fatto che nel romanzo di Tolkien, dopo La Battaglia del Fosso di Helm, i personaggi si dirigono ad Insengard solo dopo alcuni giorni, a differenza dei film, dove tale azione sembra svolgersi immediatamente dopo l’arrivo dei rinforzi di Éomer. Nell’opera letteraria, inoltre, Frodo e Sam compiono un lungo viaggio per raggiungere il Monte Fato, nel corso del quale attraversano numerose difficoltà che non vengono menzionate nei lungometraggi di Jackson, dove appare tutto più rapido e diretto. Infine, è evidente che nel libro gli eventi dalla partenza di Frodo fino alla distruzione dell’Unico Anello si svolgono in circa 6 mesi, arco temporale che appare assai diverso nella controparte cinematografica, in cui le avventure dei protagonisti e le battaglie tra gli uomini e le forze di Sauron, sembrano andare in scena molto rapidamente. Alla fine dell’opera letteraria, Frodo resterà a vivere ancora due anni nella Contea, prima di partire per I Porti Grigi, ma nel film sembra lasciare subito Casa Baggins.
Tom Bombadil e Glorfindel
Tra le omissioni più importanti attuate da Peter Jackson vi è, indubbiamente, quella di personaggi leggendari come Tom Bombadil e Glorfindel. Il primo è, infatti, assente nella trilogia cinematografica, in cui non viene neanche menzionato, ma è ben presente nel libro, all’interno del quale è protagonista di una parte delle avventure dei quattro Hobbit partiti dalla Contea. Questi ultimi, infatti, vengono aiutati dal misterioso personaggio, il quale li ospiterà nella sua dimora presso la Vecchia Foresta (dove vive con la sua sposa, Baccadoro) e andrà il loro soccorso, dapprima per liberare Merry e Pipino dal Vecchio Uomo Salice e, successivamente, per prestare soccorso ai Mezzomini attaccati dallo Spettro dei Tumuli. Glorfindel, anche in questo caso assente nella trilogia, è uno degli elfi più potenti rimasti nella Terra di Mezzo durante la Terza Era ed è grazie al suo aiuto che Frodo riuscirà a sfuggire ai Nazgûl, dopo l’attacco a Collevento. Aragorn lo incontrerà, infatti, durante il tragitto e sarà grazie al suo cavallo, Asfaloth, che il Portatore dell’Anello, ferito dalla Lama Morgul, riuscirà a raggiungere in tempo Gran Burrone, dove Elrond lo curerà. Nel film è Arwen a condurre Frodo ad Imladris.
Gollum e Smeagol
La celebre piccola creatura è affetta da un evidente sdoppiamento di personalità, frutto dei tanti anni in cui L’Anello sembra avergli avvelenato l’anima. Tale dualismo, che è ben enfatizzato nei film, dove Gollum intraprende dei veri e propri dialoghi con il suo alter ego, è meno marcato nel libro, in cui il personaggio continua ad utilizzare la prima personale plurale “noi”, facendo, comunque, intendere una certa influenza e connessione tra le due facce, ma che non sfocia mai in veri e propri dialoghi interiori. Nella trilogia cinematografica, l’esigenza di amplificare tale duplice natura è, probabilmente, dovuta ad una scelta di scrittura, che prevede molte scene in cui il grande Andy Serkis si cimenta nell’interpretare magistralmente il personaggio, grazie all’ausilio del Motion Capture. Quest’ultima raggiunge i massimi livelli proprio in occasione dei dialoghi tra le due personalità, che a volte sembrano quasi rasentare la comicità, sensazione che, invece, non traspare del tutto nell’opera letteraria.
Arwen, Faramir e Denethor
Faramir è, probabilmente, il personaggio più nobile all’interno dell’opera letteraria, che tende a differenziarsi dagli altri uomini della Terra di Mezzo, i quali vengono continuamente tentati dal male che, al contrario, su di egli sembra non attecchire facilmente, grazie alla sua indomita forza morale. A tal riguardo, egli pare essere colui che, più di tutti i mortali, riesce a resistere alle tentazioni dell’Unico Anello e, di fatto, lascia andare Frodo e Sam, dopo aver scoperto della loro missione in Ithilien. L’eroe è un abile e saggio stratega e vince numerose battaglie con astuzia e capacità di comando. Nel film, invece, Faramir impiega più tempo per comprendere quali fossero le decisioni più corrette da prendere e per un attimo viene tentato egli stesso dall’artefatto di Sauron e si convince quasi del fatto che portare l’arma del nemico a Gondor potesse giovargli, rendendo suo padre fiero. Il Capitano di Gondor, dunque, pare essere assoggettato dal padre e più passivo nelle azioni. Denethor, d’altro canto, nella trilogia viene rappresentato come un uomo orgoglioso e altamente instabile mentalmente, lontano dallo standard numenoreano a cui sembrava essersi avvicinato il figlio nell’opera letteraria. Nel romanzo, invece, il Sovrintendente di Gondor appare come un uomo dalla spiccata saggezza ed autorevolezza, con un indole meno disfattista e la cui follia sembra raggiungere il proprio apice solo quando crede di aver perso Faramir, ultimo suo erede. Infine, possiamo evidenziare quanto nella trilogia cinematografica si sia voluto ampliare notevolmente il ruolo di Arwen, che interviene per salvare Frodo e sembra partecipare attivamente anche in alcune decisioni del padre Elrond, come quella di riforgiare la spada Narsil per Aragorn, di cui la dama è innamorata e la cui relazione ricopre, certamente, maggiore spazio nella narrazione dei lungometraggi, piuttosto che nel libro, dove è trattata principalmente nelle Appendici.
Le battaglie de Il Signore degli Anelli
Ciò che rende l’opera di Jackson estremamente epica è, senza dubbio, la presenza di battaglie strutturate con un’attenzione mai vista prima su Grande Schermo. Le vicende relative a tali scontri sono, spesso, modificate, con il fine di aumentare maggiormente il fan service e mostrare i muscoli degli effetti speciali, sorprendenti se consideriamo l’epoca in cui uscirono i film. Gli scontri con gli Spettri dell’Anello sono enfatizzati a livello cinematografico ed i servi dell’Oscuro Signore appaiono più spaventosi e combattivi rispetto alla controparte letteraria, dove sono meno inclini agli scontri fisici, ma terrorizzano l’animo degli uomini con il loro Alito Nero. La Battaglia del Fosso di Helm è resa ancor più epica nelle produzioni cinematografiche, grazie alla scelta di inserire gli elfi di Lothlórien in qualità di alleati di Rohan, che incrementano l’atmosfera di spettacolo sopra le mura della fortezza, grazie alle loro armature lucenti e allo scoccare delle frecce contro gli Uruk-hai. Nel libro, ovviamente, tale alleanza non viene mai menzionata ed i rinforzi dei Rohirrim, al termine della battaglia, vengono guidati da Erkenbrand, Maresciallo dell’Ovestfalda e non da Éomer, come mostrato da Peter Jackson. Nel romanzo, L’Esercito dei Morti, infine, aiuterà Aragorn a conquistare le città portuali della costa di Gondor, come Pelargir, liberandole dai Corsari di Umbar, ma non parteciperà alla Battaglia dei Campi del Pelennor e alla riconquista di Minas Tirith, come visto nei film.
Il destino di Saruman il Bianco
Saruman è, indubbiamente, uno dei personaggi che subisce le modifiche narrative più significative nell’adattamento cinematografico di Peter Jackson, rispetto alla versione originale scritta da Tolkien. Nel testo, Lo Stregone Bianco è descritto come un personaggio astuto e saggio e quando incontra Gandalf ad Orthanc, prima di renderlo prigioniero, si presenta come “Saruman il Multicolore”, uno stratagemma letterario che viene utilizzato dal Professore per sottolineare quanto il Capo degli Istari sia cambiato, disperdendo la sua luce “bianca” in diversi colori, come attraverso un prisma. Questi sono ora più abbaglianti del bianco, indice del suo smisurato ego, tale da volersi sostituire a Sauron, ma è una scelta oculata, poiché lo stregone non si sarebbe mai accostato al nero o alla totale oscurità, poiché egli si sente al di sopra di tutti, anche dei malvagi. Non é, dunque, totalmente cattivo, ma ha evidentemente smarrito la via, divenendo un personaggio “decaduto” e corrotto, che utilizza il suo essere subdolo per i propri scopi di conquista, ed il potere della sua voce come mezzo persuasivo.
Nella trilogia cinematografica non è presente tale substrato metaforico relativo ai colori che egli rappresenta, né vengono enfatizzate le sue abilità nell’utilizzo della voce, ma è sottolineata, invece, la sua natura autoritaria e minacciosa. Nel libro di Tolkien, Saruman viene confinato ad Orthanc, dopo la sconfitta nella Battaglia del Fosso di Helm e fugge, successivamente, con lo scopo di invadere La Contea. Qui, assume il nome fittizio di “Sharkey”, prendendo possesso di Casa Baggins e avvia un processo di “industrializzazione” della terra degli Hobbit, che la porterà a perdere gran parte della bellezza correlata alla natura rigogliosa che la caratterizzava da sempre. L’intervento di Frodo, Sam, Merry e Pipino, ritornati dalla loro avventura, permetterà di far riunire i Mezzomini e ribellarsi allo stregone, i cui tirapiedi verranno sconfitti nella Battaglia di Lungacque. Lo Stregone troverà, infine, la morte per mano di Grima Vermilinguo, che lo pugnalerà vendicandosi dei torti subiti. Nell’opera cinematografica di Jackson, Saruman non conquisterà mai la Contea, ma troverà la morte ad Orthanc, dopo la Battaglia del Fosso di Helm, pugnalato per mano di Grima.
Gandalf “Mithrandir”
Le differenze relative al personaggio di Gandalf Il Grigio sono, per lo più, di natura caratteriale. Nel libro, lo Stregone viene descritto come un vecchio saggio e riflessivo, meno propenso ad utilizzare i suoi poteri e la forza smisurata di cui dispone, in quanto Ainur. Dimostra spesso pacatezza e spirito meditativo, attraverso il quale elargisce consigli a molti eroi coinvolti nelle vicende della Guerra dell’Anello. La sua magia è, dunque, per lo più simbolica, ad eccezione dello scontro con il Balrog a Moria, dove l’Istar intraprende un vero e proprio duello di incantesimi con la potente creatura di Morgoth. Nei film appare, invece, come un personaggio più energico e dinamico, maggiormente propenso ad utilizzare i suoi poteri in più occasioni, come a Minas Tirith, dove partecipa attivamente alla battaglia con la sua spada “Glamdring” e colpisce le Bestie Alate dei Nazgûl con dei raggi di luce emanati dal suo bastone. Un personaggio più “umano”, dunque e incline alla rabbia, che si manifesta anche attraverso rapporti di legame più intensi, rispetto alla controparte letteraria, come quello instaurato con Frodo ed Aragorn.
L’Occhio di Sauron
Dal Silmarillion e dalla Storia della Terra di Mezzo sappiamo che Sauron, dopo la caduta di Númenor, non riuscì più ad assumere forme gradevoli, come accaduto nella Seconda Era, quando incarnava Annatar, ma fu costretto a prendere le sembianze di esseri orrendi ed oscuri. Durante gli eventi de Il Signore degli Anelli, L’Oscuro Sire viene descritto nel testo come una presenza costante, ma più spirituale che fisica, la quale adopera la propria volontà attraverso i suoi potenti servi, i Nazgûl. Come visto per Gandalf, anche Sauron sembra non manifestare direttamente i propri poteri con la forza fisica, ma questi restano impliciti alla natura della sua figura di dominio malefico. La sua disfatta, dopo la distruzione dell’Unico Anello, si percepisce in maniera più metafisica e simbolica, con il male che gradualmente svanisce dal mondo, senza una descrizione specifica.
Nella trilogia, invece, Sauron trova forma espressiva concreta attraverso “Il Grande Occhio” fiammeggiante, posto all’apice della Torre di Barad-dûr, che ha vita propria, poiché osserva, si muove ed è, perfino, in grado di emanare un raggio luminoso capace di scrutare in ogni dove. Una presenza tangibile, dunque, che aiuta lo spettatore a visualizzare chiaramente la minaccia di Sauron. L’Occhio è un vero e proprio faro luminoso, sempre vigile su Mordor e sulla Terra di Mezzo, la cui distruzione viene mostrata fisicamente con la sua “esplosione” ed il conseguente crollo della Torre Nera che porta alla disfatta degli eserciti degli orchi.
Dialoghi e stile narrativo
Nell’opera letteraria di Tolkien lo stile narrativo è improntato sulla descrizione meticolosa degli eventi ed è volutamente lento. L’autore dedica ampio spazio alla descrizione dei paesaggi, delle storie dei personaggi, della geografia dei luoghi, delle lingue parlate dalle varie razze e delle culture che le caratterizzano. È frequente la presenza di poesie, canzoni e riferimenti mitologici che contribuiscono ad approfondire il mondo e la sua storia, enfatizzando la natura espressiva dei vari popoli. Sono numerosi i passaggi riflessivi ed introspettivi, oltre ai momenti narrativi dilatati per favorire la costruzione psicologica e simbolica degli eventi. Nei film di Warner Bros i dialoghi sono più brevi, incisivi e diretti per esigenze cinematografiche e si ha maggiore immediatezza emotiva attraverso frasi iconiche e citazioni memorabili, ma meno auliche, pur mantenendo un alto livello di grazia ed epicità. Ad alcuni personaggi vengono attribuiti dialoghi con toni più ironici per facilitare l’identificazione del pubblico. Le citazioni in Quenya e Sindarin e le poesie vengono ridotte al minimo indispensabile, per ragioni di immediatezza narrativa. I dialoghi tra i personaggi risultano più emotivi ed incisivi rispetto all’opera letteraria, in cui appaiono maggiormente riflessivi e formali.
Elementi simbolici e filosofia
Tolkien utilizza il simbolismo in maniera profonda, complessa e sottile. Il Professore non amava l’allegoria esplicita, ma i suoi libri contengono significati simbolici molto stratificati e complessi. L’Unico Anello è il simbolo centrale del potere assoluto e della corruzione che esso inevitabilmente comporta, ma non rappresenta semplicemente il male, piuttosto la tentazione costante di dominarlo e utilizzarlo per il bene, con risultati sempre disastrosi.
L’Occhio di Sauron è il simbolo della sorveglianza e del controllo, della perdita della privacy, della percezione inquietante della presenza del male. La luce e il buio sono simboli centrali: la luce (come quella della fiala di Galadriel) è la speranza che resiste nel cuore dell’oscurità, mentre il buio è il simbolo della disperazione e della paura. La distruzione dell’Anello simboleggia la rinuncia definitiva al potere assoluto, a vantaggio dell’umiltà e della semplicità incarnata dagli Hobbit, che sono i veri vincitori ed eroi della storia. Il Professore presenta una visione morale molto profonda, influenzata dalle sue convinzioni personali, religiose, filosofiche e dalla sua esperienza nella Prima Guerra Mondiale. Il tema principale è la lotta fra bene e male, non solo in senso esteriore, ma anche interiore. Il male è presentato come corruzione e tentazione, che chiunque può sperimentare, compresi i personaggi più nobili. Centrale è la caratterizzazione della natura del potere: per Tolkien, il potere corrompe sempre, anche quando è utilizzato con buone intenzioni. Solo l’umiltà, il sacrificio e l’accettazione del limite possono garantire la salvezza. Altro tema centrale è la provvidenza, il destino che guida implicitamente gli eventi. Non tutto può essere spiegato attraverso le semplici azioni umane: vi è un disegno superiore che Tolkien lascia volutamente implicito. Gli Ent rappresentano letteralmente la natura che si ribella alla devastazione e al progresso distruttivo portato avanti da Saruman, che sembra avere ingranaggi e non bada più al bene delle cose che “crescono”.
Nei film il simbolismo è si presente, ma in maniera meno stratificata, risultando, quindi, più diretto e fruibile. L’Unico Anello è sempre centrale, ma la sua minaccia viene rappresentata con maggiore immediatezza visiva, ad esempio, attraverso effetti speciali come visioni oscure, voci inquietanti, e la trasformazione psicologica dei personaggi. Come detto, l’Occhio di Sauron diviene letteralmente un occhio fisico, chiaramente identificabile, eliminando parte della sua ambiguità simbolica originale. Gli elementi astratti come la luce e l’oscurità sono tradotti in immagini dirette ed immediate, come ad esempio quando Gandalf appare al sorgere del sole nella Battaglia del Fosso di Helm, o la luce della fiala che illumina letteralmente la tana di Shelob. Le sfumature morali dei personaggi diventano meno complesse, soprattutto per ragioni di chiarezza narrativa e immediatezza emotiva. Il conflitto interiore dei protagonisti è presente, ma spesso viene risolto più rapidamente e visibilmente rispetto al libro. Il tema del potere corrotto dall’Anello è reso evidente con immagini immediate e drammatiche, come ad esempio la trasformazione fisica e mentale di Gollum o la tentazione di Boromir, facilitando la comprensione del pubblico. Il tema del destino è meno centralizzato all’interno degli eventi ed i personaggi hanno maggiore controllo delle loro scelte, riducendo la percezione che esista un disegno superiore già deciso. Infine, la riflessione sul progresso e la tecnologia risulta più immediata e visiva, con minor approfondimento filosofico, il che è giustificabile anche dalla mancanza di un evento che più la caratterizza nel libro, ovvero l’occupazione della Contea da parte di Saruman.
Ne Il Signore degli anelli le differenze tra libro e film sono, dunque, evidenti, ma non inficiano in alcun modo la buona riuscita di un prodotto cinematografico come quello di Peter Jackson, che risulta estremamente fruibile e ricco di atmosfere epiche, in grado di incarnare lo spirito tolkieniano sotto forma di una nuova veste, quella cinematografica, che ha per sempre cambiato il nostro modo di percepire la Terra di Mezzo e i personaggi che la abitano, senza, però, stravolgere l’opera originale di Tolkien.
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