Nelle opere di Tolkien, che elenchiamo nel nostro archivio, è fatto risaputo, vi sono citazioni a opere antiche, oggetto dei suoi studi, che proprio per questo motivo influenzano fortemente il legendarium del Professore. Una di queste è un passo de L’Errante (The Wanderer) un poema anglosassone.
Il Codice Di Exeter e il Poema L’Errante
Il Codice di Exeter, o Exeter Book è un manoscritto, datato X secolo, conservato nella Cathedral Library di Exeter (Devon, Gran Bretagna), fu redatto in maniera anonima da un singolo scriba, con molta probabilità un monaco, in lingua anglosassone (OE, Old English). La sua particolarità sta nell’essere una raccolta di poemi, contiene otto elegie: The Wanderer, The Seafarer, The Rhyming poem, Deor, Wulf and Eadwacer, The Wife’s Lament, The Husband’s Message and The Ruin. I nomi delle elegie non sono stati scelti dai copisti medievali, bensì dagli studiosi del XIX e XX secolo.
Pagina dell’Exeter Book
Il codice non contiene solamente queste elegie ma anche altre opere incentrate sulla nascita, morte e resurrezione di Cristo, due testi dedicati ad un santo della Mercia e altri componimenti. Certamente, a noi lettori moderni sorgerà la domanda: ma cosa hanno in comune queste opere? C’è un fil rouge che lega tutte questi componimenti ed è la volontà di sollecitare una riflessione sull’essere umano nel suo rapporto con Dio ma anche con i suoi simili e con gli elementi della creazione, da qui i temi della transitorietà dell’esistenza umana, la vanità dei beni materiali, la necessità di prepararsi per la vita oltre la morte e affidarsi a Dio.
Il Poema Anglosassone L’Errante (The Wanderer)
L’Errante (The Wanderer) è costituito da 115 versi e si trova nel mezzo di due poesie di argomento cristiano. Possiamo dividere l’opera in due parti, la prima tratta della vita dell’esule lontano dalla patria e dai propri cari, questa parte è caratterizzata anche dalle descrizioni di paesaggi marini ghiacciati e dall’auto afflizione dell’errante nel rimembrare i suo signore. la seconda parte, invece, ha un tono moraleggiante e tipica delle omelie cristiane. Bisogna ammettere che nel corso del tempo questo componimento è stato letto ed interpretato in vari modi, molta di questa incertezza è da ricondursi all’assenza di segni grafici, tipica della tradizione orale. Sicuramente il nucleo del testo è formato da un monologo, attraverso il quale il nostro protagonista medita sulla vita da prospettive diverse.
Le parole chiave della prima parte del Wanderer sono senza dubbio: solitudine, dolore e il gelo del mare hrim-cealde sæ, spesso in tempesta.
Per quanto riguarda la solitudine, soffermiamoci un attimo sul sostantivo an-haga/earmne anhogan (il solitario, il misero solitario o colui che medita da solo), ritroviamo lo stesso sostantivo anche nel Beowulf (v. 2368), la forma an-hoga richiama il sostantivo haga (recinto), donandoci l’idea di qualcuno che è chiuso o si chiude in sé; il dolore nel corpo e nell’anima ed infine il gelo delle acque, amplificano la sua sofferenza.
Invece, per quanto riguarda il dolore abbiamo una grande quantità di sostantivi al riguardo, sicuramente il più importante è laene (temporaneo, in prestito laene>loan>prestito), poiché sono temporanee per l’esule, la ricchezza, l’amico (her bið freond læne) e il congiunto.
Nel componimento, inoltre ritroviamo il tema dell’ ubi sunt ossia un’espressione tratta dal latino “Ubi sunt qui ante nos fuerunt?” in italiano “dove sono coloro che furono prima di noi?“. L’esule ricorda i bei tempi nella sala con i guerrieri e il suo signore e ad un tratto tutto svanisce. Ed egli sogna, immagina il proprio signore e inizia a narrare della fedeltà che egli aveva nei suo confronti.
Forse nei versi 41-44 si fa riferimento al rito di investitura del protagonista come membro del comitatus1 del suo signore.
“þinceð him on mode þæt he his mondryhten
clyppe ond cysse, ond on cneo lecge
honda ond heafod, swa he hwilum ær
in geardagum giefstolas breac.”
“Nell’animo gli sembra di abbracciare
e baciare il suo signore, sul ginocchio posargli
le mani e il capo come quando a volte
un tempo godeva del seggio dei doni”
E continua a ricordare anche nei versi dal 92 al 96, versi che rimarranno nel cuore del Professor Tolkien:
“Hwær cwom mearg? Hwær cwom mago? Hwær cwom maþþumgyfa?
Hwær cwom symbla gesetu? Hwær cwom seledreamas?
Eala beorht bune! Eala byrnwiga!
Eala þeodnes þrym! Hu seo þrag gewat,
genap under nihthelm swa heo ne wære.“ 92-96
“Dov’è il destriero? Dove il giovane guerriero? Il donatore d’ori? Dove i seggi dei banchetti? Dove sono le gioie della sala? Ah, la coppa splendente! Ah, il guerriero in armi! Ah, la gloria del signore! Come è passato quel tempo, scomparso nel buio della notte, come se mai fosse stato!“
Vi ricordano qualcosa queste parole?
Ritorneremo su questi versi più avanti.
L’Errante e le influenze su Il Signore degli Anelli di Tolkien
Proseguendo il nostro esule si fa saggio e capisce che niente dura per sempre e che aimè quello status è andato ormai perduto.
Giungendo alla fine della nostra lettura, nel v. 111 viene utilizzato un sintagma che è molto dibattuto, ossia æt rune, sembra come se il nostro esule stia proprio meditando e infatti, da questo momento in poi finalmente egli trova la serenità, lo vediamo attraverso un cambio di prospettiva: dalla dimensione materiale passa a quella ultraterrena e quindi alla consolazione di Dio.
Possiamo dire, infine, che i riferimenti alla società guerriera della società anglosassone facciano solo da sfondo a questo testo che si erge ad essere una lettura che doveva ispirare i monaci e per altri versi, ha ispirato anche il nostro Professore!
Come rileva anche Tom Shippey (tra i più noti e stimati studiosi di Tolkien) nel suo ricco volume “La via per la terra di mezzo”, nell’Appendice A (de Il Signore degli Anelli), il Professore ha inserito un passo del L’Errante (The Wanderer) nell’ideazione de “Il Signore degli Anelli“.
E non sarà neanche l’unico testo, tra le opere più famose sicuramente il Beowulf ma anche saghe norrene ed irlandesi (di cui parleremo in altri articoli).
Avete già capito cosa ha ispirato il poema?
Photo by @liviops_fotografo www.liviopepesciarria.it
Ne Il Signore degli Anelli quando Gandalf, Gimli, Legolas ed Aragorn arrivano alla vista di Edoras, quest’ultimo intona un dolce canto in un lento idioma ignoto che poi traduce con queste parole.
“Dove sono cavallo e cavaliere? Dov’è il corno dal suono violento?
Dove sono l’elmo e lo scudiere, e la fulgida capigliatura al vento?
Dov’è la mano sull’arpa, e il rosso fuoco ardente?
Dov’è primavera e la messe, e il biondo grano crescente?
Son passati come pioggia sulla montagna, come raffiche di vento in campagna;
I giorni scompaiono a ovest, dietro i colli che un mare d’ombra bagna.
Chi riunirà il fumo del legno morto incandescente?
Chi tornerà dal Mare e potrà mirare il tempo lungo e fuggente?“
Come spiega Aragorn, il cavaliere è Eorl il Giovane che 500 anni prima guidò i Rohirrim a difendere Gondor.
Tolkien nell’ideare e scrivere questo canto, chiamato succesivamente Lamento dei Rohirrim, usa la stessa costruzione del poema anglosassone, da cui prende anche ispirazione per il nome di Theoden “Eala þeodnes þrym!“.
Il canto non tradotto intonato da Aragorn in rohirric, la lingua dei rohirrim, avrebbe dovuto iniziare come nell’errante: “Hwær cwom mearg? Hwær cwom mago?” versione del poema (Dov’è il cavallo? Dov’è il cavaliere?) > “Where now the horse and the rider?” versione che Tolkien fa cantare al ramingo.
Come nell’Errante anche nel Lamento si vuole sottolineare la transitorietà della vita e il ricordo dei tempi che furono. Le immagini evocate dal poema rappresentano quindi la ciclicità delle vite degli uomini e dello scorrere inesorabile del tempo. Come analizzato da Vives nel suo articolo, la poesia “esprime la tristezza e la perdita che si sperimentano dopo una grande battaglia.” La sua è una narrazione, aggiunge “sulla fugacità della vita, la distruzione causata dalla guerra e la ciclicità della violenza e della morte”.
Per questioni “cinematografiche”, nel film Il Signore degli Anelli: Le Due Torri (2002), gli sceneggiatori decidono di far recitare a Theoden il Lamento, mentre si prepara alla battaglia del Fosso di Helm, modificandone la struttura, rendendola più snella e adatta alla versione cinematografica. Anche in questo caso si evidenzia un momento di estrema tristezza e di solitudine che sta provando il re in quell’istante.
Ecco la versione in italiano:
E la versione originale:
Dunque, siamo giunti veramente alla fine di questo nostro breve ma intenso approfondimento.
Bibliografia:
–Le elegie anglosassoni, voci e volti della sofferenza di Maria Grazia Cammarota e Gabriele Cocco, Meltemi editore, ed. 2020
–Beowulf a cura di Francesca Koch, Einaudi editore, ed. 2013
– J.R.R. Tolkien: La Via per la terra di mezzo di Tom Shippey, Marietti editore, ed. 2023
-Per la traduzione in italiano del Wanderer consigliamo quella dell’Università di Padova, utilizzata anche dai noi nella redazione di questo articolo, fruibile a questo link.
Note:
- Comitatus: Il comitatus (Tacito, Germania – capitoli XIII – XIV)è una istituzione sociale che non si fonda sui legami di sangue (come la Sippe), ma su di una libera scelta, in base alla quale il capo ed il suo seguace stipulano quasi un patto di adozione. ↩︎